Non c’è luogo del mondo, con l’eccezione forse di qualche emirato arabo, dove la stagnazione dei mercati e dell’economia in genere non sia oggetto di approfonditi dibattiti e dotti consulti. C’è chi ha pensato di ridurre le ore lavorative e chi ha pensato, invece, di aumentarle incentivando a ciò i lavoratori. Chi pensa che la soluzione sia ridurre il carico fiscale e chi invoca piuttosto un maggiore rigore tributario.
La realtà è che quando le vacche sono grasse sono tutti capaci di governare il loro tranquillo pascolo, ma in tempi di scarso foraggio non è mai facile trovare demiurghi in attività di servizio capaci di trovare brillanti e tempestive soluzioni all’impasse globale.
Tutti concordano però sul fatto che la macchina dei consumi non può fermarsi, pena lo stallo globale dell’economia.
In tali frangenti, in tempi normali cioè, la pubblicità l’ha sempre fatta da padrona. Ma oggi c’è un fatto nuovo a confondere le carte dei fondamentali del mercato, che da sempre sono la domanda e l’offerta. Per lo meno nel nord del mondo, i più sostengono che la domanda è esausta. È un po’ come nel sesso, dopo la soddisfazione globale, non ce n’è più per nessuno. Bisognerà aspettare di avere nuovi e più impellenti desideri.